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Di Roberto Bolle, di Michelangelo e del binocolo prismatico. Resoconto semiserio di un’esperienza estetica

[«Generazione Goldrake», 8 novembre 2013]
«La Colombina sostiene che il culo di Bolle parla cinque lingue e tutte madrelingua».
«Sì, adesso però smettila, non è il caso di fare i grevi, che siamo anche seduti in platea».
«Guarda che la Colombina non dice mai stupidaggini».
Il sipario si apre provvidenziale mentre una sciura comincia a guardarci di sbieco. Va in scena L’histoire de Manon con Roberto Bolle e Svetlana Zakharova. Trovo subito deliziosi la scenografia e i costumi settecenteschi. La coreografia di Kenneth MacMillan, ripresa da Karl Burnett, è molto espressiva e ha invenzioni di autentica originalità. Il corpo di ballo, con punte di eccellenza, riesce a disegnare convincenti scene di gruppo nei balli delle cortigiane e delle prostitute.Adesso Bolle, che è stato a lungo in disparte, seduto con un libro in mano nella posa tipica delle figurine di Hogarth, balla da solo con un’armonia e una potenza che si distendono dalla punta del piede al polso ripiegato della mano. Il suo corpo ha una struttura muscolare che sovrasta gli altri ballerini. Non possiedo particolari attitudini voyeuristiche, ma il mio amico Mauro mi ha regalato un binocolino prismatico capace di ingrandire un numero spropositato di volte. Lui usa quello di suo nonno, che ingrandisce meno, ma è un cimelio di famiglia al quale è affezionato. Fatico un po’ a mettere a fuoco, perché devo regolare anche la rotellina che compensa la miopia (un vero portento). Quando alla fine ci riesco, il suono dell’orchestra si attutisce e comincio a udire pian piano un parlar figurato di tendini e nervi che si rubano l’un l’altro la parola, accavallandosi nei rapidi passi di danza. Non immaginavo che tra la schiena e le cosce di un uomo ci fossero tanti muscoli vivi tutti dotati di voce propria. Tendo le orecchie: simili guizzi muscolari li ho ascoltati in vita mia solo nei disegni di Michelangelo. Anche se lì non danzavano, mi sembra di ricordare. Mi giro a occhi spalancati verso Mauro, che ride: «Scommetto che adesso la pensi come la Colombina». Metto da parte il binocolo e torno a sentire l’orchestra.
Quando alla fine il sipario si chiude, i due ballerini escono tenendosi per mano e si lasciano ammirare lungamente da noi mortali. Sono immobili, ma i loro corpi sono ancora in tensione e l’aura che diffondono intorno veramente li fa sembrare simili a dèi.
Bolle si inchina alla sua compagna. La Zakharova è stata bravissima, leggera come una farfalla, e mi viene in mente quello che diceva Ginger Rogers, quando le chiedevano se fosse brava quanto Fred Astaire: «Mah, faccio tutto quello che fa lui, però all’indietro e sui tacchi a spillo. Veda lei». Saluta il pubblico, ma non sorride. È celestiale. Vorrei solo che non fosse così magra.

«Questo matrimonio non s’ha da fare». I don Rodrigo del gossip sulle teste coronate

Dopo trentacinque anni d’amore contrastato, clandestino, infine conclamato, ancorché tra lo sdegno dei benpensanti, il principe Carlo d’Inghilterra e Camilla Parker Bowles si sono uniti in matrimonio di fronte all’autorità civile e hanno ricevuto la benedizione religiosa nella cattedrale di Saint-Paul. L’evento è andato in onda sabato pomeriggio su RaiUno, nell’ambito del programma di Michele Cocuzza ‘La vita in diretta’. Freddine le reazioni degli ospiti in studio, tra i quali la signora Ripa di Meana, più che altro segnate da giudizi irridenti sull’età non più verde dei convolanti a nozze e sulla dubbia eleganza della sposa. Il commento da Londra era di Antonio Caprarica, corrispondente Rai e grande conoscitore di cose inglesi, dal quale forse sono venute le uniche parole di apprezzamento per le doti di sensibilità e intelligenza di Carlo. E tuttavia è sembrato che anche a lui costasse qualche sforzo morale la riabilitazione di quell’amore adulterino che aveva coinvolto fatalmente l’erede al trono.

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