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Elena Ferrante una e trina: contro l’idea romantica di autorialità

[«L’Huffington Post», 5 ottobre 2016]

Sono rimasta stupita dalle critiche che hanno sommerso il giornalista Claudio Gatti per aver pubblicato sul Sole 24 Ore un’inchiesta in cui si elencavano dati finanziari a sostegno dell’ipotesi che Elena Ferrante sia in realtà Anita Raja, il cui nome circola da anni tra le ipotesi più accreditate. Da lettrice, mi sembra che si sia trattato di un lavoro svolto con i mezzi classici del giornalismo d’inchiesta e che sia francamente immeritato definirlo, come è stato fatto, soprattutto da altri scrittori, un “rovistare come i gatti nei bidoni” o “il più grande autogol giornalistico dei nostri tempi”.

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Fabrizia Ramondino, una grande scrittrice in un’Italia che ha sempre avuto problemi con le donne

[«L’Huffington Post», 22 luglio 2016]

Diceva Benigni, quando nei suoi spettacoli faceva Dio che, tornato sulla Terra, si stupiva di come i fedeli avessero frainteso i suoi insegnamenti: “Ho l’impressione che abbiate un problema con le donne”. In Italia, è noto, abbiamo un problema con le donne. Viviamo in un paese in cui l’uso di termini al femminile come sindaca e ministra causa una levata di scudi e sorrisi di compatimento, e infatti le sindache vengono chiamate “bamboline” e alle ministre si consiglia di occuparsi di cellulite piuttosto che di riforme istituzionali. In un paese come questo, è normale pensare alla grande letteratura come a un fatto di uomini.

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La figlia di Elena Ferrante

[«L’Huffington Post», 14 marzo 2016]

La rivelazione dell’identità della scrittrice Elena Ferrante da parte di Marco Santagata campeggia nei giornali della domenica. L’argomento, devo confessarlo, non mi appassiona particolarmente, ma siccome la giornata è grigia e invita all’indolenza, indugio a leggere le reazioni alla notizia che compaiono nella rete. Nella pagina Facebook di Santagata, aperta a tutti, si moltiplicano i commenti di elogio e di biasimo. Niente di più normale.

Tuttavia, tra questi commenti ce n’è uno che sembra fatto apposta per attirare l’attenzione della svagata lettrice: “Lo confesso: Elena Ferrante sono io. Le ambientazioni e i dettagli pisani sono frutto dei ricordi di mia madre, Marcella Marmo, mentre il resto (e la penna ‘letteraria’) sono miei. Marco Santagata che ne dice di questa pista?” È postato da Arianna Sacerdoti, figlia della Marmo, la quale scrive, con marcata ironia, per smentire l’ipotesi di Santagata su sua madre.

Ma la smentita, che nell’ambiente giornalistico è nota per essere “una notizia data due volte”, in questo caso ha l’aria di essere molto di più.

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Ma come scrivono i romanzieri italiani? Ovvero: che fine ha fatto la critica militante?

[L’Huffington Post, 29 gennaio 2014]

Nel libro L’importo della ferita e altre storie. Frasi veramente scritte dagli autori italiani contemporanei. Faletti, Moccia, Volo, Pupo e altri casi della narrativa di oggi (Edizioni Clichy) Pippo Russo si prende polemicamente la briga di stroncare alcuni tra i romanzi più venduti e premiati degli ultimi anni, passandone il testo sotto la lente di ingrandimento. L’elenco di sgrammaticature, imprecisioni e incongruenze, ma anche di tirate retoriche, scene grottesche che vorrebbero essere drammatiche, e intrecci improbabili mostra un quadro veramente impietoso della narrativa d’oggi.

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