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Le nuove frontiere della democrazia: dare Petrarca al popolo

[«L’Huffington Post», 14 novembre 2014]

Da tempo sono convinta che una delle sfide, forse quella fondamentale, dell’italianistica di oggi sia quella di tornare a parlare alla comunità dei lettori, uscendo dalla cerchia asfittica degli addetti ai lavori. Un tempo, un buon libro sulla letteratura italiana era un libro letto da tutti (tutti coloro che avevano una buona formazione scolastica, ovvio). Oggi è rarissimo che uno dei nostri libri venga letto da chi non è studioso dello stesso ambito disciplinare. Perché ciò accada, occorre che i libri che scriviamo siano, prima di tutto, leggibili per chi non è specialista della materia, vale a dire che devono essere scritti in una lingua davvero comunicativa e non criptica, piena di tecnicismi e dalla sintassi ingarbugliata. Ed è inutile nasconderlo: nulla è più respingente, per il lettore medio, della forma tipica del testo con le sovrabbondanti note a piè di pagina alla quale sempre più abbiamo affidato la scrittura scientifica negli ultimi cinquant’anni.

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Forme e metamorfosi della modernità. Un libro di Amedeo Quondam

[«L’Huffington Post», 31 ottobre 2014]

Grande studioso della modernità letteraria italiana, Amedeo Quondam è autore di libri fondamentali sulla cultura d’Antico regime, come La conversazione. Un modello italiano (2007) e Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani (2010). L’ultimo suo libro, Rinascimento e classicismi. Forme e metamorfosi della modernità (Il Mulino), è un percorso attraverso il classicismo in quanto tipologia culturale della modernità.

Quondam è stato uno dei più convinti assertori, nel campo della letteratura italiana, della necessità di leggere tutta l’epoca dalla fine del Medioevo alla stagione romantica come un paradigma culturale unitario, al di là delle declinazioni che il classicismo ha avuto nelle categorie storiografiche ricadenti sotto il nome di Rinascimento, Manierismo, Barocco, Rococò e Neoclassicismo.

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Come si fanno le riforme in Italia: rileggere il “Saggio storico” di Vincenzo Cuoco

[L’Huffington Post, 12 maggio 2014]

Se la storia insegnasse qualcosa, il Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli del 1799 di Vincenzo Cuoco è uno di quelli libri che la classe politica di questo Paese, quella che mira a fare le riforme – il giovane Matteo Renzi, per esempio – dovrebbe tenere sul comodino. Cuoco spiega perché le rivoluzioni, in Italia, falliscono e perché sia così difficile da noi portare a compimento un processo riformatore.

Si impara, leggendolo, che è un vecchio vizio della classe dirigente italica quello di voler trapiantare da noi modelli costituzionali importati dall’estero, e che quando si vogliono davvero fare le riforme bisogna partire dall’analisi concreta della realtà, e ad essa adattare gli ideali e le azioni, non viceversa.

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«È finito il diluvio?» Trenta scrittori alla prova della rinascita nazionale

[L’Huffington Post, 30 marzo 2014]

“Mettiamo il viso fuori dall’acqua appena ora, e non sappiamo come ciò sia possibile, tiriamo fuori la mente dalle cose, e ci guardiamo intorno: e guardiamo in alto. Molti come noi guardano in alto: nessuno ha visto apparire l’arcobaleno. Quelli dell’Arca dicono che la colomba è tornata. Ma il cuore si è fatto così sospettoso che noi non crediamo più nemmeno ai nostri sapienti. E’ veramente finito il diluvio?” Così Giacomo Noventa, nei mesi immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, descriveva lo stato d’animo degli italiani che si affacciavano alla vita democratica.

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