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Fabrizia Ramondino, una grande scrittrice in un’Italia che ha sempre avuto problemi con le donne

[«L’Huffington Post», 22 luglio 2016]

Diceva Benigni, quando nei suoi spettacoli faceva Dio che, tornato sulla Terra, si stupiva di come i fedeli avessero frainteso i suoi insegnamenti: “Ho l’impressione che abbiate un problema con le donne”. In Italia, è noto, abbiamo un problema con le donne. Viviamo in un paese in cui l’uso di termini al femminile come sindaca e ministra causa una levata di scudi e sorrisi di compatimento, e infatti le sindache vengono chiamate “bamboline” e alle ministre si consiglia di occuparsi di cellulite piuttosto che di riforme istituzionali. In un paese come questo, è normale pensare alla grande letteratura come a un fatto di uomini.

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La figlia di Elena Ferrante

[«L’Huffington Post», 14 marzo 2016]

La rivelazione dell’identità della scrittrice Elena Ferrante da parte di Marco Santagata campeggia nei giornali della domenica. L’argomento, devo confessarlo, non mi appassiona particolarmente, ma siccome la giornata è grigia e invita all’indolenza, indugio a leggere le reazioni alla notizia che compaiono nella rete. Nella pagina Facebook di Santagata, aperta a tutti, si moltiplicano i commenti di elogio e di biasimo. Niente di più normale.

Tuttavia, tra questi commenti ce n’è uno che sembra fatto apposta per attirare l’attenzione della svagata lettrice: “Lo confesso: Elena Ferrante sono io. Le ambientazioni e i dettagli pisani sono frutto dei ricordi di mia madre, Marcella Marmo, mentre il resto (e la penna ‘letteraria’) sono miei. Marco Santagata che ne dice di questa pista?” È postato da Arianna Sacerdoti, figlia della Marmo, la quale scrive, con marcata ironia, per smentire l’ipotesi di Santagata su sua madre.

Ma la smentita, che nell’ambiente giornalistico è nota per essere “una notizia data due volte”, in questo caso ha l’aria di essere molto di più.

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Le nuove frontiere della democrazia: dare Petrarca al popolo

[«L’Huffington Post», 14 novembre 2014]

Da tempo sono convinta che una delle sfide, forse quella fondamentale, dell’italianistica di oggi sia quella di tornare a parlare alla comunità dei lettori, uscendo dalla cerchia asfittica degli addetti ai lavori. Un tempo, un buon libro sulla letteratura italiana era un libro letto da tutti (tutti coloro che avevano una buona formazione scolastica, ovvio). Oggi è rarissimo che uno dei nostri libri venga letto da chi non è studioso dello stesso ambito disciplinare. Perché ciò accada, occorre che i libri che scriviamo siano, prima di tutto, leggibili per chi non è specialista della materia, vale a dire che devono essere scritti in una lingua davvero comunicativa e non criptica, piena di tecnicismi e dalla sintassi ingarbugliata. Ed è inutile nasconderlo: nulla è più respingente, per il lettore medio, della forma tipica del testo con le sovrabbondanti note a piè di pagina alla quale sempre più abbiamo affidato la scrittura scientifica negli ultimi cinquant’anni.

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Forme e metamorfosi della modernità. Un libro di Amedeo Quondam

[«L’Huffington Post», 31 ottobre 2014]

Grande studioso della modernità letteraria italiana, Amedeo Quondam è autore di libri fondamentali sulla cultura d’Antico regime, come La conversazione. Un modello italiano (2007) e Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani (2010). L’ultimo suo libro, Rinascimento e classicismi. Forme e metamorfosi della modernità (Il Mulino), è un percorso attraverso il classicismo in quanto tipologia culturale della modernità.

Quondam è stato uno dei più convinti assertori, nel campo della letteratura italiana, della necessità di leggere tutta l’epoca dalla fine del Medioevo alla stagione romantica come un paradigma culturale unitario, al di là delle declinazioni che il classicismo ha avuto nelle categorie storiografiche ricadenti sotto il nome di Rinascimento, Manierismo, Barocco, Rococò e Neoclassicismo.

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