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Forme e metamorfosi della modernità. Un libro di Amedeo Quondam

[«L’Huffington Post», 31 ottobre 2014]

Grande studioso della modernità letteraria italiana, Amedeo Quondam è autore di libri fondamentali sulla cultura d’Antico regime, come La conversazione. Un modello italiano (2007) e Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani (2010). L’ultimo suo libro, Rinascimento e classicismi. Forme e metamorfosi della modernità (Il Mulino), è un percorso attraverso il classicismo in quanto tipologia culturale della modernità.

Quondam è stato uno dei più convinti assertori, nel campo della letteratura italiana, della necessità di leggere tutta l’epoca dalla fine del Medioevo alla stagione romantica come un paradigma culturale unitario, al di là delle declinazioni che il classicismo ha avuto nelle categorie storiografiche ricadenti sotto il nome di Rinascimento, Manierismo, Barocco, Rococò e Neoclassicismo.

Nonostante il sistema produttivo, sul piano della struttura economica, sia rimasto fondamentalmente invariato, come ha più volte ribadito Jacques Le Goff, il quale è arrivato a individuare come unica frattura storiograficamente valida la rivoluzione industriale di fine Settecento, non vi è dubbio che sotto il profilo dell’estetica e dell’etica sociale l’età moderna segni una forte discontinuità con il precedente sistema culturale del Medioevo.

La dialettica tra soluzioni e continuità nella storia trova risposte differenti a seconda di quanto si voglia avvicinare o allontanare la lente d’ingrandimento ai fenomeni presi in esame, e l’approccio di Quondam è correttamente commensurato alle dinamiche strutturali profonde che le arti e la letteratura mettono in campo nel sistema culturale di un’epoca. In questa prospettiva la poesia di Marino, la scultura di Bernini, la pittura di Tiepolo pur essendo molto diverse, nella loro specificità, da quelle di Della Casa, Michelangelo e Botticelli, rientrano tutte nell’orizzonte del classicismo perché collocate all’interno di un paradigma i cui tratti identificativi sono il principio estetico dell’imitazione e il sistema comunicativo della mitologia. L’esistenza e la diffusione di poetiche consapevolmente anticlassicistiche, ormai ben note gli studiosi, non impediscono di osservare, allorché si guardi il sistema culturale generale, che il classicismo nato in Italia si diffuse in Europa fino a diventare cultura egemone, assumendo, in letteratura, la veste del petrarchismo.

Quondam ripercorre così le tappe della Rinascita, dalle scoperte di Lovato Lovati e di Petrarca nella Biblioteca Capitolare di Verona al grande affresco storico-artistico delle Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori di Giorgio Vasari, nella cui seconda redazione (1568) troviamo attestato forse per la prima volta il termine ‘Rinascimento’ e mostra che, contrariamente a quella che è la persistente vulgata storiografica di un Rinascimento inventato nell’Ottocento, i protagonisti furono assolutamente consapevoli dell’operazione culturale che stavano compiendo, al punto da esprimerlo in forma categorizzata. Quondam osserva come l’etica del gentiluomo, propria del sistema sociale della corte, dal Cortegiano di Castiglione e dal Galateo di Della Casa giunga, divenendo stile di vita e codice di buone maniere, alle Lettere al figlio di Lord Chesterfield (1774) e finanche al Nuovo Galateo del cittadino repubblicano di Melchiorre Gioia (1802).

Nonostante le ripetute rivendicazione dei ‘moderni’ nei confronti degli ‘antichi’, dal nostro Alessandro Tassoni ai protagonisti francesi della Querelle des ancients et des modernes, la vera, epocale frattura etica ed estetica avverrà solo con l’Ottocento romantico: particolarmente rivelatrice è la lettura incrociata della lettera di Raffaello e Baldassar Castiglione a Leone X sulle rovine di Roma (1519) e di alcune splendide pagine del romanzo Nôtre Dame de Paris di Victor Hugo (1836), testi nei quali il rovesciamento del giudizio in merito all’arte romana e gotica, con l’opposta valutazione dell’arco a tutto sesto e di quello a sesto acuto, è documento della cesura culturale intercorsa.

In questo quadro la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi (1772-82) diventa un punto di arrivo, e non di partenza, nella storiografia letteraria italiana, stante la sua celebrazione dei secoli XV e XVI. Il paradigma sarà invece rovesciato nella Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis (1870-71), nella quale i secoli dominati dal sistema cortigiano costituiscono il fulcro della decadenza morale italiana. Ragionando su questo punto, Quondam affronta anche il grande problema dell’espunzione della cultura classicista d’Antico regime dal mito nazionale del Risorgimento italiano, rielaborando l’analisi che aveva già svolto, a proposito dell’esclusione di Petrarca dal pantheon degli autori, in Petrarca, l’italiano dimenticato (2004).

Rinascimento e classicismi non è un libro accademico, anzi è scritto come un lungo racconto, che prende le mosse da una visita ai castelli medievali del Tirolo e finisce con una visita alla Galleria Borghese con l’intento di guidare il lettore, in una forma espositiva dialogante, se non propriamente dialogica, all’osservazione delle continuità e delle cesure tra il Medioevo e la modernità. È un libro bello perché disegna una vera e propria storia culturale italiana ed europea, tracciando un percorso attraverso la storia, l’arte, la letteratura, i modelli sociali e le forme comunicative ed è consigliato a tutti coloro che amano il Rinascimento italiano, perché spiega cosa abbia significato veramente la ‘rinascita nella pristina forma degli antichi’ che fu il Rinascimento precisamente come lo intesero i suoi stessi protagonisti, nelle lettere e nelle arti, e mostra come la tipologia culturale del classicismo, elaborata in Italia all’inizio del Cinquecento, sia stata un fenomeno di ‘lunga durata’ diffuso in tutta Europa che costituì, ancora per la Rivoluzione francese e fino alla grande rottura del Romanticismo, un sistema comunicativo fecondo e valido al di là delle divisioni nazionali e linguistiche.

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