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Se l’interesse nazionale preferisce l’inglese

[«ilSole24ore», 30 dicembre 2017]

Il mondo dell’università ogni anno aspetta con ansia l’uscita dei bandi per il finanziamento della ricerca di base, una boccata d’ossigeno nella generale povertà in cui versa: sono i «Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale», noti con l’acronimo di PRIN. I PRIN escono sempre in ritardo e spesso saltano gli anni. E come il resto dei finanziamenti all’università hanno subito nel tempo un forte decurtamento. Tra Natale e Capodanno il PRIN 2017 è finalmente stato bandito ma non si fa in tempo a rallegrarsene che la prima cosa che salta agli occhi è la degradazione della lingua italiana a lingua secondaria: «La domanda – si legge – è redatta in lingua inglese; a scelta del proponente, può essere fornita anche una ulteriore versione in lingua italiana».

È grave che il Ministero dell’istruzione della Repubblica italiana tratti la lingua nazionale alla stregua di una lingua minore, rendendone facoltativo l’uso nella stesura di progetti che hanno nel loro nome l’aggettivo “nazionale”. Read more

Tranquilli, la lingua inglese non sostituirà l’italiano nei corsi universitari

[« L’Huffington Post», 6 marzo 2017]

Pochi giorni fa la Corte costituzionale ha emesso una sentenza (42/2017) molto importante sull’uso della lingua italiana nell’insegnamento universitario, e ha così stabilito:
«La lingua italiana è […], nella sua ufficialità, e quindi primazia, vettore della cultura e della tradizione immanenti nella comunità nazionale, tutelate anche dall’art. 9 Cost. […] Il plurilinguismo della società contemporanea, l’uso d’una specifica lingua in determinati ambiti del sapere umano, la diffusione a livello globale d’una o più lingue sono tutti fenomeni che, ormai penetrati nella vita dell’ordinamento costituzionale, affiancano la lingua nazionale nei più diversi campi. Tali fenomeni, tuttavia, non debbono costringere quest’ultima in una posizione di marginalità:

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Caro Renzi, smettila di tenere in ostaggio il PD

[«L’Huffington Post», 1 febbraio 2017]

Ma come è possibile che il segretario del maggior partito italiano si rifiuti di convocare un congresso, nel momento in cui lo chiedono a gran voce non solo la minoranza interna, ma anche esponenti di peso del partito come due presidenti di regione, quello della Toscana e quello della Puglia, e gran parte degli elettori del Centrosinistra?

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Elena Ferrante una e trina: contro l’idea romantica di autorialità

[«L’Huffington Post», 5 ottobre 2016]

Sono rimasta stupita dalle critiche che hanno sommerso il giornalista Claudio Gatti per aver pubblicato sul Sole 24 Ore un’inchiesta in cui si elencavano dati finanziari a sostegno dell’ipotesi che Elena Ferrante sia in realtà Anita Raja, il cui nome circola da anni tra le ipotesi più accreditate. Da lettrice, mi sembra che si sia trattato di un lavoro svolto con i mezzi classici del giornalismo d’inchiesta e che sia francamente immeritato definirlo, come è stato fatto, soprattutto da altri scrittori, un “rovistare come i gatti nei bidoni” o “il più grande autogol giornalistico dei nostri tempi”.

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