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Di nuovo i classici in traduzione?

[«Generazione Goldrake», 3 novembre 2013]

L’«Avvenire» del 31 ottobre (Caro Dante, fatti capire! di Edoardo Castagna) dedica una pagina di Agorà alla questione se sia opportuno, come avviene in Inghilterra e in Francia, che a scuola si leggano i classici della letteratura italiana in traduzione moderna. Il dibattito non è nuovo: se ne è parlato a lungo già quindici anni fa, quando fu aperto sulla «Rivista dei Libri» da Marco Santagata, che aveva pubblicato una versione in prosa delle Canzoni di Leopardi, e devo dire che l’evoluzione socioculturale di questi anni ha rafforzato in me la convinzione di fondo che esprimevo nel mio intervento di allora (“Tradurre Machiavelli? No! Dichiaro aperto il dibattito”, «Rivista dei libri», settembre 1998).

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Perché Cattelan ha fatto bene a mandare “I soliti idioti” al posto suo

Maurizio Cattelan, invitato a ricevere il premio Alinovi-Daolio all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha mandato al posto suo il duo comico “I soliti idioti”, che hanno inscenato, di fronte alla giuria sbalordita e indignata, una performance a base di gag dissacranti.
Dare un premio a Cattelan, che è l’artista italiano più famoso e quotato nel mondo, è un gesto completamente inutile. Nulla aggiunge alla fama di Cattelan che non ne aveva alcun bisogno, nulla aggiunge all’acculturamento del pubblico che lo conosceva già perfettamente e nulla aggiunge, infine, al prestigio della giuria che gliel’ha assegnato, perché non c’è bisogno di essere grandi critici d’arte per dire, oggi, che Cattelan è bravo.

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La Chiesa e le donne

Nella giornata mariana di ieri, papa Francesco ha detto di essere addolorato dal fatto che la condizione della donna all’interno della Chiesa sia spesso non di servizio, ma di servitù. La pena visibile con cui il papa ha fatto queste riflessioni è l’onesto riconoscimento che la condizione della donna, nella Chiesa cattolica, continua a costituire un problema, e allora non possiamo tacere che il vero nodo della questione è l’esclusione femminile dal sacerdozio. Su questo tema, Bergoglio ha dichiarato, tempo fa, che la questione è chiusa, essendoci già stato un pronunciamento ufficiale, ma personalmente fatico a credere che il pensiero di questo papato, così rivoluzionario per tanti aspetti, possa davvero essere così pacifico come apparirebbe.

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Per Gorizia le terre lontane

 

Vi sembrano molti 97 anni? Nella vita di una persona sono un bel traguardo, ma non poi così raro. Nella vita di un Paese dovrebbero essere un soffio: il 1916 dovrebbe essere l’altro ieri. Ma per l’Italia no; per l’Italia 97 anni sono un’era geologica. Noi siamo un paese dalla memoria corta: chi si ricorda più, oggi, che tra il 5 e il 17 agosto 1916 si svolse una delle battaglia più atroci e sanguinarie della prima guerra mondiale?
Provate a digitare su Google le parole chiave ‘Gorizia agosto 1916’: non salta fuori una sola commemorazione da parte delle istituzioni, un solo articolo di giornale che ricordi al volenteroso lettore l’ecatombe che ebbe luogo in quei giorni, nei quali morirono più di cinquantamila soldati italiani e più quarantamila soldati austriaci. Del resto, da noi vige il motto “Chi muore tace e chi vive si dà pace”.

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