Una volta c’era il servizio pubblico e c’erano gli utenti del servizio pubblico, i quali spesso erano scontenti perché il servizio pubblico funzionava male. Poi hanno liberalizzato, privatizzato, spacchettato e ricapitalizzato, e ci hanno detto che gli utenti ormai erano diventati clienti, status più dignitoso in quanto presupporrebbe un rapporto trasparente basato sul pagamento di una tariffa adeguata al mercato per l’acquisto di un servizio di qualità. In effetti, non si può dire che molte cose non siano cambiate. Ma lasciamo perdere i discorsi sul sistema, che rimane ancora in molti settori monopolistico e tutt’altro che trasparente, e focalizziamoci sullo stato di salute del cliente, e in particolare sul cliente delle ferrovie, quello che, molto o poco che sia, prende il treno per lavoro o per piacere, vale a dire tutti italiani – quelli che non hanno un aereo privato o l’autista a disposizione.
“Bella ciao” a Piazza Taksim
I manifestanti di piazza Taksim cantano Bella ciao, mentre aspettano le cariche della polizia di Erdogan. Quello che è stato un canto di liberazione dell’Europa dal nazifascismo, e ha accompagnato le lotte di tutti coloro che sono scesi in piazza a lottare per i diritti negati, il lavoro, la libertà di esprimersi e di diventare quello che si è, corre ora sulla bocca dei giovani turchi. E corre in italiano, con quelle parole, “bella ciao”, che sono le più perfette al mondo per dare voce al coraggio di chi saluta l’amore e va alla morte (vorrei fosse retorica, ma non lo è: i morti sono già quattro, dall’inizio della protesta). Che i turchi cantino la ballata emiliana commuove, certo, ma induce soprattutto a riflettere.
Manifesto letterario della Generazione Goldrake
[«Generazione Goldrake», 7 maggio 2013]
Incipit di romanzo à paraître
facit indignatio versum
Eccoci, siamo noi, siamo gli Actarus e le Venusie trent’anni dopo lo sbarco sulla Terra in seguito alla distruzione del pianeta Fleed per opera del malvagio re Vega. Attenzione: non Mazinga, non Jeeg robot d’acciaio, perché quelle sono imitazioni prive di stile venute dopo – e come diceva Oscar Wilde, nelle cose importanti della vita è lo stile che conta, non la verità -, proprio Goldrake, che è stato il primo (1). E siccome le esperienze dell’infanzia segnano per la vita, Goldrake ci accompagna da allora ogni giorno ricordandoci che il nostro dovere è lottare per l’umanità e qualunque altra occupazione è misera e indegna a confronto. Actarus ci mostrava il valore del sacrificio delle ambizioni personali per servire un ideale più grande di noi: la salvezza del genere umano. Siamo cresciuti cercando di imitare quel modello, abbiamo studiato, abbiamo rinunciato alle intemperanze della gioventù per essere all’altezza del nostro compito.
Una scuola più difficile per tutti, un’Università professionalizzante
[«ilSole24ore.it», 18 ottobre 2011]
L’intervento di Claudio Giunta a proposito dell’eccessivo numero di studenti, privi delle necessarie competenze di base, che affollano le facoltà umanistiche ha il merito di affrontare a voce alta e senza ipocrisia cose che tra colleghi docenti si dicono ormai da tempo sottovoce e badando a non farsi sentire troppo distintamente, che cioè l’insegnamento delle discipline umanistiche all’Università stia progressivamente sbiadendo, perché tutti noi arretriamo giorno dopo giorno di fronte all’abbassamento di livello degli studenti che laureiamo.