[«Generazione Goldrake», 7 maggio 2013]
Incipit di romanzo à paraître
facit indignatio versum
Eccoci, siamo noi, siamo gli Actarus e le Venusie trent’anni dopo lo sbarco sulla Terra in seguito alla distruzione del pianeta Fleed per opera del malvagio re Vega. Attenzione: non Mazinga, non Jeeg robot d’acciaio, perché quelle sono imitazioni prive di stile venute dopo – e come diceva Oscar Wilde, nelle cose importanti della vita è lo stile che conta, non la verità -, proprio Goldrake, che è stato il primo (1). E siccome le esperienze dell’infanzia segnano per la vita, Goldrake ci accompagna da allora ogni giorno ricordandoci che il nostro dovere è lottare per l’umanità e qualunque altra occupazione è misera e indegna a confronto. Actarus ci mostrava il valore del sacrificio delle ambizioni personali per servire un ideale più grande di noi: la salvezza del genere umano. Siamo cresciuti cercando di imitare quel modello, abbiamo studiato, abbiamo rinunciato alle intemperanze della gioventù per essere all’altezza del nostro compito.